Don Guido e le modifiche del ‘Padre Nostro’
Mossa dall’amore verso Dio come da un impulso spirituale, il 9 Dicembre 2020, Io, Elena, ho iniziato un piccolo viaggio nella riscoperta della preghiera in latino grazie, inizialmente, alla testimonianza data da San Gregorio Magno, (Papa Gregorio I) dal quale sappiamo che il latino è la lingua voluta da Dio per la sconfitta del male. Ma il passo successivo che mi ha mosso nelle mie piccole ricerche è stata la testimonianza data da don Guido Bortoluzzi, attraverso i racconti di Renza Giacobbi, riguardo al Padre nostro, dove ho percepito la volontà di “onorare” il Padre con parole vere e semplici:[…] soccorrici nella tentazione e liberaci dal male.Rivedendo la versione in latino dalla prima Bibbia tradotta in italiano da Mons. Martini, Vescovo di Firenze nel XVIII sec., commentata da Padre Marco Maria Sales, all’inizio del ‘900, la mia attenzione si è focalizzata su due frasi in particolare:
Panem nostrum supersubstantialem da nobis hodie.
[…] et ne nos inducas in tentationem, sed libera nos a Malo.Ed è così che, grazie a Renza, è nata l’idea e la collaborazione di pubblicare la nostra interpretazione del Padre Nostro.
Dio è Padre e Santo

Matteo 6:9-13
9 Voi dunque pregate così:
"Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; 10 venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo, anche in terra. 11 Dacci oggi il nostro pane quotidiano; 12 rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori; 13 e non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno."
La versione odierna è l’interpretazione della traduzione di quella latina della Vulgata, che deriva dal greco e che, a sua volta, deriva dalle scritture ebraiche e aramaiche. Vedremo ora la nostra interpretazione della versione della Vulgata.
Pater noster, qui es in caelis, sanctificetur nomen tuum.“Padre nostro che sei nei Cieli”. Chi può chiamare Dio ‘Padre’ è solo un figlio Suo. Già questo titolo ci dà la dimensione dell’Amore di Dio che considera ‘figlio’ colui che si rivolge a Lui con devota sottomissione e sincero amore.
[…] sanctificetur nomen tuum,“Sia santificato il Tuo Nome”. Dall’aggettivo ‘sanctus’ latino, che significa estrapolato, tirato fuori, messo al di sopra, noi, con l’espressione ‘sia santificato’, diamo subito a Dio l’importanza e il rispetto che Gli dobbiamo. Ossia, “Che il Tuo Nome, la Tua Maestà, sia sopra ogni cosa”, cioè venga al primo posto nella nostra vita.
Il Regno di Dio arrivi sulla terra
[…] adveniat regnum tuum.

“Fiat voluntas tua sicut in caelo, et in terra”.
“Sia fatta la Tua Volontà come in Cielo, così in Terra”. Gesù nell’Orto degli Ulivi concluse la Sua preghiera al Padre con queste parole: “Padre, sia fatta non la Mia, ma la Tua Volontà”. La Volontà di Dio è sempre Amore e prima ancora Giustizia e Sapienza. Rimettersi alla Volontà di Dio diventa per noi nostra sapienza. Fare la Volontà di Dio è sempre la via più diretta per la nostra duratura felicità. E la terra deve essere un riflesso del Regno dei Cieli, basato sulle medesime regole di amore e ordine divino.
Tale Regno si attuerà davvero solo con la Parusia: il ritorno di Cristo. Ma già adesso chiunque fa la volontà di Dio entra far parte del Regno di Dio.
Rendici Figli di Dio
Panem nostrum supersubstantialem da nobis hodie;“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Qui c’è una ripetizione, ‘oggi’ e ‘quotidiano’, che non si giustifica in bocca a Gesù in cui tutto l’insegnamento è essenziale. Allora deduciamo che dovrebbe dirsi: “Dacci oggi il nostro Pane Sovrasustanziale” che sarebbe il Pane Eucaristico. È questo lo scopo della Missione di Gesù: trasmettere ad ogni fedele, che riceve l’Eucaristia, la Sua Divinità (lo Spirito) in un corpo che, al contempo, viene guarito dalle ferite del peccato originale. Il pane alimentare è secondario, perché per chi ha fede in Gesù non verrà mai a mancare, come per gli uccellini che Gesù nomina nel Vangelo e che poi prenderà come esempio il grande Santo Francesco d’Assisi.

Perdonare, sempre!
[..] et dimitte nobis debita nostra sicut et nos dimittimus debitoribus nostris.“Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Gesù ci insegna un principio fondamentale della vita di relazione: l’equità. Noi non possiamo chiedere la Misericordia di Dio se non usiamo misericordia con il nostro prossimo. È la prova pratica della nostra buonafede.

Dio non tenta nessuno, perché tentare è fare il male
[..] et ne nos inducas in tentationem, sed libera nos a Malo.“Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male”, oppure, l’altra versione ‘Non abbandonarci nella tentazione, ma liberaci dal male” sono entrambe espressioni che ci pongono dei problemi di coerenza con il Testo complessivo che è basato sull’Amore di Dio per l’essere umano. Perché sorge una domanda:
È mai possibile che Dio possa indurci in tentazione?

Romani 8:28
Il risultato benefico dell'amore di Dio
Ef 1:3-12 (Ro 5:1-11; Is 50:8-9; Gv 10:27-30)
Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno.
Allora cerchiamo di capire cosa può essere avvenuto per aver messo in bocca a Gesù queste parole, in quanto come accadde per Gesù nel deserto non fu il Padre a tentarlo ma Lucifero, il principe di questo mondo, che voleva sedurre Gesù con il potere. Infatti solo chi ci odia cerca di fare leva sui nostri veri o presunti punti deboli per potarci dalla parte del male. Nessun buon padre farebbe mai questo a suo figlio, perché si tratterebbe di un atto esplicitamente malvagio e ingiustificabile.
Perché il Padre Nostro è stato riletto non secondo il suo senso più profondo e corretto?
Esaminiamo la frase latina:Et ne nos inducas in tentationem, sed libera nos a malo.I concetti sono due perché due sono le proposizioni unite da una congiunzione disgiuntiva: “sed”. Vediamo la prima. Qui il soggetto è sottointeso. Il verbo è un congiuntivo esortativo nella seconda persona singolare. Chi può essere il soggetto di questo verbo?
Certamente Dio no! Non resta che pensare al Tentatore. Questo sostantivo assume il significato di “il Cattivo” e, come sostenuto da Padre Gabriele Amorth, può essere tradotto anche con “il Maligno”.
Esplicitando il soggetto la frase suonerebbe così:
Malus ne nos inducas in tentationem.Però grammaticalmente c’è un errore perché dovremmo scrivere “inducat in tentationem”. Allora la presunta frase corretta sarebbe:
Et Malus ne nos inducat in tentationem.Vediamo ora la seconda parte della frase.
La fonte del male: il Maligno!
sed (Deus) libera nos a malo.Qui però c’è una ripetizione: “Malus” e “malum” (neutro). Pensando che Gesù mai avrebbe fatto una ripetizione, cerchiamo di capire il diverso significato dei due termini con la stessa radice. Se “Malus” è un soggetto intelligente, “malum” potrebbe essere “il male che c’è dentro di noi”, cioè l’animalità ereditata dal peccato originale. Questa è l’ipotesi più probabile, nata a seguito delle rivelazioni sulla “Genesi Biblica” date a don Guido Bortoluzzi, che questo “male” sia il nostro “io” a causa del nostro DNA ibrido corrotto dal peccato originale.
Allora dobbiamo sostituire “sed” con “et” e la frase suonerebbe perfetta:
E il Maligno non ci induca in tentazione, e, Tu o Dio, liberaci dalla nostra animalità.La frase latina sarebbe la seguente:
Et Malus ne nos inducat in tentationem, et libera nos a malo. Amen.Vediamo allora cosa può essere successo alla dizione del Padre Nostro. Presumiamo che originariamente la preghiera intendesse distinguere “Malus” (il Male intelligente) da “a malo” (il male indistinto), ma che l’usanza popolare abbia eliminato, fin dagli inizi, il primo “Malus” pensandolo come una ripetizione inutile. In questo modo ha stravolto il significato originale. Infatti, San Giacomo nella sua Lettera dice:


Conclusione
Ora sappiamo invece che:- Il nostro Buon Padre ci forgia nel deserto, cioè nelle difficoltà della vita, per fortificarci.
- Il nostro Buon Padre non ci tenta, perché l’unico Tentatore è l’altro, il Maligno.
- Il nostro Buon Padre non ci abbandona e, come nella parabola del Figliol Prodigo e in altri esempi della Bibbia, siamo noi ad allontanarci da Dio e dalle sue leggi per cadere poi preda del Maligno, rischiando così di abbandonarLo e quindi di ritrovarci senza di Lui.
Vorrei citare un passo degli scritti di don Guido:



“[…] E non c’indurre in tentazione. Vale a dire, o non permettere, che noi siamo vinti dalla tentazione, ovvero non permettere che noi siamo tentati: perché, conoscendo la nostra fiacchezza, ogni tentazione temiamo, che possa separarci da te. Questo secondo il senso che si ha nel Mt 26,41 «Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole»”.Quindi, anche padre Marco Sales aveva compreso l’errore e cercato di correggere il significato della cattiva traduzione italiana.
Non ci indurre in tentazione :
Preghiamo perché essendo portati a cedere alla tentazione Dio ci aiuti e “non ci induca (faccia cadere) in tentazione”